Oggi anche i grandi chef si adeguano e provano a cavalcare l’onda dello street food per imporsi nel food market.
No. Non funziona proprio così.
O meglio, non è esattamente questo lo spirito originale del cibo di strada.
Questa non è una recensione dei migliori baracchini dove trovare lo strit fud nostrano, io non faccio recensioni.
Quello che mi interessa illustrare non è la bontà e succulenza più o meno acclamata a furor di popolo di questa o quella specialità, bensì la capacità – a questo punto più che imprenditoriale direi – di prendere il proprio prodotto locale e di costruirci un’idea di marketing tutt’intorno.
Un’idea potente, creativa, spesso fuori dagli schemi tradizionali che portano invece a trasferire un panino con la mortazza dentro un chioschetto e chiamarlo street food.
E’ l’intuizione che porta un’idea semplice a diventare gastrosomicamente articolata, a tratti innovativa e che funzioni commercialmente, tramite la costruzione di una brand identity completa, forte e very impressive.
In questo noi dall’estero, in particolare dal mercato USA, abbiamo molto da imparare ancora nel creare un esempio di street commerce valido e di respiro moderno e internazionale, meno provinciale.
Con alcune parole d’ordine da cui non prescindere.
Valorizzare.
Prendere il proprio prodotto, seguendo i canoni locali tradizionali, e saperlo trasformare in un’idea di successo.
Un marchio.
Il valore si crea anche e soprattutto partendo dal rispetto per le materie prime, la conoscenza del territorio è il concime naturale e necessario per un concept di street food di valore commerciale.
Delocalizzare.
Lo street food marketing moderno lo pretende.
Non si può affrontare il mercato semplicemente restando chiusi nel proprio chiosco di paese.
Il segreto della ricetta è riuscire a trasferire la forza locale del prodotto al di fuori del proprio confine, globalizzando un cibo di quartiere, di una valle, di una comunità.
Strategia.
Senza una food brand strategy non si va da nessuna parte.
Partire da un’idea, creare un marchio, promuoverne la diffusione capillare scegliendo con cura i mezzi a disposizione: concept, logo, packaging, food truck, presenza sui social media, accesso alla food community.
Innovare la tradizione.
Il cibo è storia, è tradizione. Spesso nasce da ricette e costumi vecchi di decenni, dal passaggio generazionale tipico delle zone in cui il cibo locale prende vita.
Ma innovare vuol dire anche contaminare il prodotto, mescolandolo con altri elementi ottenendo un effetto armonico completo, che incuriosisca chi lo mangia.

Guerrilla Street Food a St.Louis / USA
1. GUERRILLA STREET FOOD
Uno dei miei preferiti.
Un’idea folgorante, visto per la prima volta sul Canale Fine Living nel programma USA di Guy Fieri “Diners, Dives and Drive Ins”.
Un food truck ubicato in St.Louis, nominato da molti esperti di settore miglior Food Truck degli USA.
Il concept è questo: Fresh, Local, Filipino.
Nell’ultimo termine risiede il segreto del marketing di successo di questi 2 appassionati di cibo: creare uno street food particolare – diremmo fusion – con forte ispirazione agli ingredienti filippini, così poco conosciuti rispetto ad altre cucine, trasformandolo e rendendolo incredibilmente moderno e easy.
Una sferzata di energia in un territorio così legato al proprio cibo locale.
La cura del menu e dei dettagli è particolare e molto elevata: basti vedere la selezione giornaliera del menu – che cambia di continuo – e le belle foto pubblicate.
C’è tanta contaminazione nei piatti realizzati: il Chicken Adobo – che provoca file chilometriche ogni giorno, apprezzatissimo da tutti – è pollo marinato in salsa di soia, marinato con aglio, peperoncino filippino e servito con riso Jasmine.
Ho visto i video, la realizzazione e la presentazione è davvero curatissima.
Packaging d’effetto, logo e brand identity altrettanto ben marcata, hanno la loro forza nel tracking service della loro postazione in giro per la città, il calendario con la programmazione avverte con anticipo dove poterli trovare, orario compreso.
Social Media:
Facebook | https://www.facebook.com/guerrillastreetfood
Twitter | https://twitter.com/guerrillastreet

Choux d’enfer nel centro di Parigi
2. CHOUX D’ENFER
Non ci inventiamo nulla. Ne ha parlato anche il Gambero Rosso più o meno un anno prima.
L’idea è tutta francese, e da quali francesi è partita.
Giusto un paio di artigiani che di cibo ne sanno qualcosa – tale Alain Ducasse e Christophe Michalak – si inventano la pensata di aprire un chiosco – di design peraltro – nel mezzo di Parigi per offrire bignè, in questo caso d’autore.
Capirai, uno è megastellato ed esponente della nouvelle cuisine da decenni, l’altro ha fatto della pasticceria visionaria e sperimentale il suo biglietto da visita.
Sicuramente le credenziali non mancano, ok, ma dove sta la forza commerciale?
In questo caso, uno dei cibi di strada per eccellenza in Francia – il bignè appunto – viene trasformato e declinato dalla ricetta originale in versioni multisensoriali fatte di contaminazioni sia dolci che salate: dal bignè multistrato al pepe nero a quello dolce variegato al caramello salato.

Grande lavorazione ingredienti e packaging curato
L’idea di marketing è molto netta: prodotto locale e iper conosciuto, trasformato in concetto ultra moderno e vestito di modernità e stile, dove il chiosco è un elemento strutturale e non di contorno per tutta la brand identity del prodotto.
Forse snob sottostante – sono sempre francesi – o assenza ben studiata: non hanno un account social al momento.

Korilla BBQ
3. KORILLA BBQ
Se andate a New York, e chiedete di un paio di street food di grido, uno dei due nomi è sicuramente questo.
Da circa tre anni è sulla bocca di tutti. E nello stomaco.
L’idea: prendere le ricette tipiche della cucina coreana, contaminarle con altre culture gastronomiche tipo la messicana, condire tutto con Manhattan style e sbattere tutto su un camion con un logo enorme a forma di tigre.
Risultato: ora sono passati dal food truck – che è rimasto – al ristorante.
Perché BBQ? Perché le carni vengono grigliate, grande uso di condimenti e spezie coreane (Anthony Bourdain sostiene che la coreana sia la migliore street kitchen del mondo) e mescolate con tacos e burritos, tutti fatti a mano. Geniale.
Sul loro sito http://korillabbq.com il menu è diviso in truck e restaurant.
Grandissima brand identity, il marchio della tigre ora è ovunque e riconosciutissimo, e le foto dei piatti sono magnifiche.
Potete facilmente capire come sono composti i tacos e i burritos, per ogni singolo ingrediente.
Trucking service con calendario presenze geolocal, e social account a pioggia:
Facebook | https://www.facebook.com/korilla
Twitter | https://twitter.com/korillabbq
Instagram | http://instagram.com/korillabbq

Milk Truck: i re del formaggio grigliato a NYC
4. MILK TRUCK
A volte le pensate più banali sono anche le più geniali.
In questo gli americani hanno una marcia in più, la capacità di fare sistema con poco, anche nel food market.
Fare business partendo dal formaggio grigliato, in giro per le strade di NYC.
In questo caso però il plus è proprio l’igrediente scelto: non un formaggio qualsiasi ma esclusivamente da selezioni locali più o meno stagionate e affinate, di provenienza da varie regioni USA, tipo i premiatissimi Wisconsin Gruyere (il Wisconsin è il miglior produttore di formaggio americano) e il cheddar affumicato del Vermont.
Tutto rigorosamente grigliato e convertito in sandwich d’autore meravigliosi, altro che le fettine del Big Mac.
Ciò che stupisce è la capacità di costruire un business solido partendo da un elemento gastronomico, apparentemente semplice, e diffondendolo anche nei quartieri business con un packaging e un marchio light, uno style un po’ vintage che piace tanto, rimanendo fedeli al concept di base: il formaggio grigliato è buono da morire, ma non è facile da trovare.
Te lo portano pure dalle parti di casa, con il servizio di pre-order.
La presenza online è molto attiva:
Sito web | http://milktrucknyc.com
Facebook | https://www.facebook.com/milktrucknyc
Twitter | https://twitter.com/milktrucknyc
Instagram | http://instagram.com/milktrucknyc

La Valtellina a Milano: Sciatt à porter in Corso Como
5. SCIATT A’ PORTER
Un angolo di Valtellina nel cuore di Milano.
Se uno degli esempi citati è riuscito a delineare e fare convergere tutti e 4 i keypoints descritti (valorizzare, delocalizzare, strategia e innovare la tradizione) con molta probabilità è questo.
Un prodotto di strada, tipicamente locale – lo sciatt in dialetto valtellinese è il bignè di grano saraceno con cuore di formaggio Casera, e fritto nell’olio caldo.
L’idea di marketing è portare il cibo delle valli in città e diventarne ambasciatori, i due elementi si fondono tra loro.
Aprire una bottega nel centro di Milano, nel 2013, in un ambiente fresco, moderno, portando i prodotti tipici che non tutti hanno modo di gustare nei luoghi di provenienza.
Con un look & feel molto gradevole e moderno, il logo forte e di impatto è destinato a restare impresso con facilità.
Non è solo packaging, ma anche la cura dell’arredo interno innova, dove per tradizione ci si aspetterebbe un bancone di legno davanti al camino acceso, e gli sciatt che friggono. Invece trovi un posto minimal.
L’insieme funziona, proprio perché fuori dagli schemi.
Milano è anche questo: prendere le regole e riscriverle su un testo aggiornato ai tempi.
Plus: gli sciatt preparati sono davvero eccezionali, e si possono anche portare via.
Il sito è semplice e serve a fare vetrina, molto attivi sui social:
Sito web | http://www.sciattaporter.it
Flickr | https://www.flickr.com/photos/128856449@N05/
Facebook https://www.facebook.com/sciattaporter
Twitter | https://twitter.com/Sciattaporter
Addirittura il video promo su YouTube : https://www.youtube.com/watch?v=300RYOjdUd8